Soffre il baby business di Artsana.

Il baby business non tira più. E’ infatti sempre meno redditizio, nonostante l’aumento dei ricavi, Artsana, il gruppo dei prodotti per l’infanzia guidato dall’amministratore delegato Nicola Zotta, controllato per il 60% dal fondo Investindustrial di Andrea Bonomi attraverso la lussemburghese Baby Care International Development e per il restante 40% dalla famiglia Catelli. Il bilancio consolidato 2022 ha visto infatti i ricavi crescere a circa 1,9 miliardi di euro dagli 1,6 miliardi dell’esercizio precedente e l’ebitda è progredito anno su anno da 204 a 211 milioni, ma l’ebit da 77 a 58 milioni e la perdita s’è allargata da 1,3 a oltre 14,5 milioni. L’aumento del costo dei servizi (per l’aumento dei costi di trasporto e noleggio dei container) da 350 a 438 milioni ha inciso non poco sull’ultima riga. Anche il bilancio ordinario s’è chiuso in rosso, triplicato anno su anno da 12,5 a 36,8 milioni, passivo imputato alla riserva e all’avanzo di fusione. 

A livello di vendite Artsana nel baby care ha realizzato 700 milioni (in aumento del 12% sul 2021), con un decremento dovuto per 9 milioni all’effetto cambio sfavorevole, che si sono sommati ai ricavi di Prénatal Retail Group (Prg), anch’essi cresciuti invece da 969,5 miliardi a oltre 1,1 miliardi milioni, oltre ai 93 milioni di vendite realizzati da Prénatal Olanda. Il valore totale dell’attivo immobilizzato pari a 1,45 miliardi (aumentato anno su anno di 41 milioni per l’ingresso nel perimetro dei negozi a insegna Toy ‘R Us) e il patrimonio netto di 471 milioni sono a fronte di una posizione finanziaria netta a debito peggiorata anno su anno da 846 a 918 milioni pari a circa 828 milioni. L’azienda lo scorso anno ha ricapitalizzato per 2,5 milioni le controllate in Germania e Turchia mentre ha posticipato da giugno di quest’anno a giugno 2025 la scadenza del rimborso del finanziamento soci di 202 milioni.