I fondi bocciano papà Cairo e figlio.
Gli stipendi passati e futuri di Urbano Cairo e la nomina del figlio in consiglio d’amministrazione della quotata Cairo Communication (che controlla RcsMediaGroup editore fra l’altro del “Corriere della Sera”) piacciono poco ai grandi investitori internazionali. Lo si scopre leggendo il verbale dell’assemblea dell’8 maggio scorso della società chiamata fra l’altro ad approvare il bilancio 2023. Se il bilancio è stato approvato a maggioranza amplissima, il punto 2 all’ordine del giorno era la “Integrazione del consiglio d’amministrazione” per confermare l’ingresso nel board di Federico Cairo (classe 2001), figlio di Urbano e cooptato nei mesi scorsi. A suo favore si sono espressi i portatori di 141,8 milioni di azioni pari al 68% dei diritti di voto, in larghissima parte frutto del 66,9% dei diritti in mano a papà Cairo sia direttamente sia tramite la sua cassaforte Ut Communications. E comunque contro l’ingresso di Cairo junior in consiglio si sono espressi i portatori di quasi 6 milioni di azioni, tutti fondi esteri. Maggiore il dissenso sui punti dell’assemblea relativi alle politiche di remunerazione adottare dal consiglio, sia quella sugli stipendi e bonus erogati nel 2023 sia quelli previsti quest’anno. I punti sono comunque stati approvati (sempre grazie ai massicci diritti di voto in mano a Cairo) ma le azioni contrarie sono salite ad oltre 8 milioni e fra i “no”, oltre a quelli di molti fondi esteri, anche quello di un fondo di Mediolanum e del fondo sovrano della Norvegia.
