Si piega l’acciaio degli Amenduni.
Il difficile 2023 dell’industria siderurgica mondiale e italiana con calo della produzione e tensione sui prezzi s’è riflesso nei numeri da poco approvati del gruppo Acciaierie Valbruna della famiglia Amenduni. Qualche giorno fa, infatti, l’assemblea degli azionisti presieduta da Michele Amenduni ha deciso di mandare tutto a riserva l’utile ordinario 2023 di 97 milioni di euro, che grazie al calo delle svalutazioni da 48,7 a 2,4 milioni è migliore degli 81 milioni di profitto dell’anno prima, così che il patrimonio netto anno su anno è balzato da 817 a 914,1 milioni. Per avere le reali dimensioni del gruppo che occupa oltre 2mila 800 addetti bisogna però guardare il bilancio consolidato che anche in tal caso vede l’utile migliorato a 124,4 milioni dai 110,1 milioni del 2022 con un ebitda tuttavia in calo da 268,8 a 233,4 milioni e un ebit diminuito da 209,8 a 172,3 milioni. Anche il fatturato di gruppo è calato rispetto all’esercizio precedente da 1,63 a 1,38 miliardi, ma il gruppo ha realizzato comunque investimenti per 56,3 milioni anche a fronte di un patrimonio netto consolidato di oltre 1,6 miliardi, mentre la posizione finanziaria netta a debito è migliorata anno su anno da 143,3 a 104,7 milioni. “Nel difficile contesto del 2023 – dice la relazione sulla gestione – il fatturato consolidato è stato in flessione del 15,6% sull’anno prima, consentendo tuttavia di realizzare un risultato economico importante grazie all’elevata specializzazione”. Tra gli asset finanziari di Acciaierie Valbruna figurano poi quote in alcune immobiliari, il 21% della biellese Banca Simetica e il 69% complessivo di Ferak, azionista all’1,4% di Assicurazioni Generali, segnata da un contenzioso con i soci di minoranza (Finint, Gianfranco Zoppas e Veneto Banca).
