Acciaio, quello di Arvedi si piega.
Il difficile 2023 dell’industria siderurgica mondiale e italiana con calo della produzione e tensione sui prezzi ha impattato su Finarvedi, cassaforte del cavaliere del lavoro Giovanni Arvedi che la presiede e la controlla al 100%. La holding a capo di un gruppo basato a Cremona con oltre 3mila 600 addetti, infatti, ha archiviato l’esercizio consolidato depositato solo pochi giorni fa segnando un utile calato di quasi due terzi a 234 milioni di euro rispetto a quello di 630 milioni del precedente esercizio. Significativa anche la contrazione del 23% del fatturato che ha segnato 6 miliardi e dei margini reddituali del gruppo con ebitda ed ebit diminuiti anno su anno rispettivamente da oltre un miliardo a 522 milioni e da 855 a 338,8 milioni. A proposito dell’anno in corso la relazione spiega che nei primi quattro mesi è stato confermato il trend di discesa dei prezzi dell’acciaio nei due comparti (carbonio e inox), ma che il gruppo ha “tenuto” per quanto riguarda le quantità vendute. L’utile ordinario 2023 della holding, pari a 54,5 milioni dai 40,8 milioni dell’anno prima, è stato destinato tutto a riserva. Qualche giorno fa il gruppo ha chiuso per una settimana uno dei due forni di Ast Terni per gli eccessivi prezzi dell’energia.
