L’acciaio di Arvedi si piega.
Il difficile 2024 dell’industria siderurgica mondiale e italiana con calo della produzione e tensione sui prezzi ha impattato su Finarvedi, cassaforte del cavaliere del lavoro Giovanni Arvedi che la presiede e la controlla al 100%. La holding a capo di un gruppo basato a Cremona con oltre 6mila 200 addetti, infatti, ha archiviato l’esercizio consolidato depositato solo pochi giorni fa segnando un utile più che dimezzato anno su anno da 235 milioni di euro a 92 milioni. rispetto a quello di 630 milioni del precedente esercizio. Significativa anche la contrazione del 4% del fatturato che ha segnato 5,7 miliardi dai 6 miliardi 2023 e dei margini reddituali del gruppo con ebitda ed ebit diminuiti anno su anno rispettivamente da 522 milioni a 403 milioni e da 338,8 milioni a 172,7 milioni. Buone notizie arrivano invece dal fronte dell’indebitamento finanziario netto calato anno su anno da 433,5 milioni a 425 milioni. A proposito dell’anno in corso la relazione spiega che nei primi quattro mesi è stato confermato il trend di discesa dei prezzi dell’acciaio nei due comparti (-9% per il comparto carbonio e -2% per il comparto inox), ma che il gruppo ha “tenuto” per quanto riguarda le quantità vendute con un decremento dei volumi fra l’1% (inox) e il 2% (inox). L’utile ordinario del 2024 della holding di Arvedi, quasi dimezzato a 28 milioni dai 54,5 milioni dell’anno prima, è stato destinato tutto a riserva.
