Un’altra vittima del Mose.
Il “Mose” fa un’altra vittima. Le difficoltà della gigantesca opera di ingegneria nella laguna veneta ad opera del Consorzio Venezia Nuova (Cvn), al centro due anni fa di un grande scandalo politico-giudiziario, che già ha affondato la Mantovani costretta a cedere pochi mesi fa il ramo costruzioni alla Coge e ha mandato in concordato preventivo la Grandi Lavori Fincosit della famiglia Mazzi, riserva ora lo stesso destino ad un altro general contractor del Mose, la Impresa Pietro Cidonio (Ipc), sempre dei Mazzi. Lucia Caterina Odello, giudice delegato del tribunale di Roma, ha infatti nominato Marco Resta commissario dell’azienda, ammessa alla procedura di concordato con riserva.
Il tribunale ha così accolto il ricorso presentato per conto di Ipc dall’avvocato Luca Gratteri dopo che la società, nata nel 1993, era stata posta in liquidazione nello scorso settembre e dopo che i commissari del Cvn l’avevano accusata di aver emesso, con altre aziende, fatture false. Nel ricorso si spiega che oltre al Mose, Ipc ha realizzato lavori nei porti di Civitavecchia, Rodi Garganico e Salerno e che le cause della crisi sono la gelata degli appalti pubblici, l’allungamento dei tempi di pagamento dei committenti pubblici e il turnover dei crediti passati dai 555 giorni del 2016 a 2mila 276 un anno dopo. Il principale fattore di crisi è stato il mancato incasso di cospicui crediti, e il contenzioso che ne è seguito da una parte e dall’altra la progressiva riduzione del sostegno bancario. Di qui la messa in liquidazione prima e la successiva richiesta di concordato, per presentare il relativo piano. Nel triennio 2015-2017 Ipc ha visto i ricavi di gruppo crollare da 84 a 47 milioni di euro ed è passata da un utile di 2,4 milioni ad una perdita di 10 milioni, con un patrimonio netto eroso da 22,5 a 8,5 milioni. Kpmg non ha certificato il bilancio 2017.