Tinaba costa cara ad Arpe.

Ha cinque anni di vita, quattro di attività e alle spalle oltre 26 milioni di euro di perdite. Eppure Tinaba, l’app lanciata nel 2016 da Sator, il fondo di private equity che fa capo a Matteo Arpe insieme alla sua Banca Profilo, che vuole porsi come nuova frontiera dei pagamenti digitali, continua a costare cara ai suoi azionisti, la stessa Sator e il veicolo lussemburghese Arepo Ti. Qualche giorno, infatti, a Milano s’è riunito il consiglio d’amministrazione presieduto da Maria Rita Scolaro che esercitando la delega avuta nel 2017 per aumentare il capitale per un massimo di nominali 52mila 631 euro con un sovrapprezzo di 19,9 milioni, ha varato una ricapitalizzazione da 89mila a 105mila 666 euro di nominale con un sovrapprezzo di 5,8 milioni da sottoscrivere entro il prossimo 31 dicembre. Questo aumento di capitale è il terzo dopo quello di 1,5 milioni del 2018 e il secondo, nello stesso anno, di 12,5 milioni. Il bilancio 2019 di Tinaba si è chiuso con una perdita di 6,4 milioni rispetto a quella di 9,2 milioni dell’anno precedente e che si aggiunge a quella di 7,7 milioni del 2017 seguita al rosso di 3,2 milioni del biennio precedente. Nel consiglio d’amministrazione di Tinaba con l’assemblea che ha approvato il bilancio 2019, siedono fra gli altri Luca e Riccardo Arpe, cugini di Matteo che è amministratore delegato.