Alma Media fallita.
A sei anni dalla nascita, il gruppo editoriale romano Alma Media di Guidonia Montecelio guidato da Andrea Baracco arriva al capolinea. Qualche giorno fa, infatti, Caterina Liberati, giudice del tribunale di Tivoli, ha decretato il fallimento della società nominando curatore Elisa Serrao che pure a dicembre scorso era stato nominato commissario in vista di un possibile concordato, a cui la stessa Alma Media ha poi rinunciato trascinando nel fallimento anche le controllate Lt Multimedia e Pop Economy. Alma Media, che nel 2019 aveva perso 2,6 milioni di euro a fronte di ricavi per 12 milioni e che a febbraio scorso aveva deliberato un aumento di capitale di 5 milioni non sottoscritto, è controllata dal fondo Cosmos Sicav Open Capital della maltese Abalone che aveva rilevato dal concordato le attività editoriali già di proprietà di Valter La Tona, ex manager Olivetti e Fininvest. La società, che nel 2018 aveva emesso un minibond sottoscritto per quasi 5 milioni di euro, è nata nel 2015 per sviluppare i progetti editoriali legati alle testate “Alice”, “Marcopolo” e “Case Design Stili” volti a valorizzare gli assets economici e culturali dello stile italiano. Il fondo Abalone di cui Roberto Colapinto è managing director, era già intervenuto senza successo nei tentativi di salvare l’azienda dolciaria Melegatti e il Palermo Calcio.
Va peraltro osservato che il revisore Rsm non aveva certificato il bilancio 2019 di Alma Media, gravato da debiti per oltre 22 milioni, evidenziano oltre a una serie di criticità contabili il fatto che “gli amministratori non hanno formalizzato né predisposto alcun piano economico-finanziario e patrimoniale che possa riflettere la capacitò di far fronte ai significativi debiti scaduti nonché l’evoluzione prevedibile della gestione, tali da garantire la continuità aziendale”. E come se non bastasse il collegio sindacale con un ricorso al tribunale di Roma ha messo in dubbio l’operato del consiglio che a fine 2019 aveva conferito il ramo d’azienda della raccolta pubblicitaria, pari alla quasi totalità del fatturato globale, alla Digital Commerce di Daniele Besnati. L’operazione, poi peraltro sfumata, è stata ritenuta dai sindaci “non conveniente per Alma Media, ma anzi pregiudizievole per il ceto creditorio” che quindi si palesa “come una vera e propria distrazione del ramo d’azienda”. E La Tona? L’ex manager era rimasto socio di Alma Media col 10% tramite la sua Lt Holdings messa in liquidazione nell’ottobre scorso.