Scossa elettrica per Scaroni.

L’ospitata di Paolo Scaroni su “Il Foglio” di oggi nella quale l’attuale presidente del Milan e vicepresidente della banca d’affari Rothschild tesse le lodi dell’“hub del gas” dell’Italia per l’Europa nei piani del premier Giorgia Meloni che l’ha lanciato pochi giorni fa in Algeria assieme a Claudio Descalzi, amministratore delegato di Eni, è il segno tangibile che Scaroni è ufficialmente entrato in campagna elettorale. Il manager vicentino, infatti, ambisce a essere in prima linea nella grande partita economico-politica delle nomine al vertice di molte aziende pubbliche che si sta per aprire da qui a poco e che riguarda in primo luogo i vertici di Enel, Eni, Leonardo e Poste Italiane. A Scaroni, infatti, le cose di potere ultimamente non sono andate nel migliore dei modi tenuto conto che era dato prima per guida della Fondazione Milano-Cortina che organizza le olimpiadi invernali del 2026 e poi quale futuro presidente di Tim. Ma alla prima s’è insediato Andrea Varnier mentre per la seconda poltrona il favorito è Massimo Sarmi e ciò nonostante Rothschild sia l’advisor del colosso media francese Vivendi, primo socio del gruppo tlc con il 23,7%. Come se non bastasse il nuovo stadio milanese nei piani di Scaroni è ancora tutto in salita.

Così il manager di origini vicentine ha pensato bene di tornare ai vecchi amori. Il suo obiettivo, infatti, è la presidenza di quell’Enel di cui fu amministratore delegato dal 2002 al 2005, nominato dal governo di Silvio Berlusconi. L’attuale presidente di Enel, l’avvocato Michele Crisostomo, non pare saldo sulla poltrona così come traballa quella dell’amministratore delegato Francesco Starace: nell’ultimo anno il titolo del gruppo elettrico, fortemente indebitato, ha perso in borsa oltre il 20%. Scaroni vorrebbe come amministratore delegato Stefano Donnarumma, attuale amministratore delegato di Terna, uno dei manager più apprezzati dalla Meloni. Riuscirà Scaroni a tornare all’Enel, questa vlta sulla poltrona di numero uno? Difficile dirlo. Quello che è certo è che l’hub del gas di cui tesse le lodi e che si basa sul gas proveniente nel nostro paese dal nord Africa è un progetto esattamente contrario a quello che lui realizzò quand’era a capo dell’Eni (di cui fu nominato amministratore delegato nel 2005 sempre dal governo Berlusconi) e rese l’Italia dipendente dal gas russo di Gazprom, dipendenza che Descalzi ha progressivamente ridotto. Ma per una poltrona si può anche dimenticare il proprio passato.