Intesa, i tre fan di Messina finanziati da Messina.
“Tre importanti prese di posizione” a favore dell’ops che Intesa Sanpaolo lancerà su Ubi Banca dal 6 luglio prossimo. Così oggi sia il “Corriere della Sera”sia “Il Sole 24 Ore” riportano la notizia delle tre dichiarazioni fatte a favore dell’operazione-chiave di Carlo Messina, ceo di Intesa Sanpaolo, rese rispettivamente da Emma Marcegaglia, Pietro Salini e Flavio Cattaneo. Leggiamo brani delle entusiastiche dichiarazioni. «Il progetto di Intesa Sanpaolo va nella giusta direzione di preparare al meglio la ripresa economica, è una scintilla importante per il nostro Paese nel promuovere una stretta cooperazione tra settore finanziario, mondo produttivo e governo che richiederà investimenti sempre maggiori sui territori in termini di credito, occupazione e tecnologia», ha affermato la Marcegaglia. Per Salini, amministratore delegato del gruppo Webuild «un esempio della visione prospettica e del rafforzamento e cambiamento necessario per affrontare il futuro, anche quando i numeri e la solidità della banca non lo rendono necessario, oggi sono Intesa Sanpaolo e Messina, che con la proposta fatta a Ubi intendono creare un pilastro finanziario europeo nel nostro Paese, al servizio di quella ripresa industriale e dei servizi che tutti auspichiamo». Per Cattaneo, vicepresidente e azionista di Ntv «il progetto di Messina e di Intesa valorizza Ubi in una operazione al servizio del Paese»
Le nobili parole dei tre illustri personaggi, riportate da due importanti quotidiani, dimenticano di precisare che tutti e tre hanno preso ima passato molti soldi dalla Intesa di Messina. Cominciamo dalla Marcegaglia, già presidente di Confindustria. La signora, però, deve la sua fortuna al gruppo siderurgico fondato da papà Steno. E lo scorso 6 gennaio Marcegaglia Steel, holding industriale del gruppo Marcegaglia guidato dalla Marcegaglia e dal fratello Antonio, ha sottoscritto un finanziamento in pool a sette anni di 105 milioni di euro per supportare il suo programma di investimenti industria 4.0, destinati al finanziamento energetico, alla digitalizzazione e all’innovazione di processo e di prodotto dei propri impianti industriali. Nell’ambito del finanziamento, informava la società in una nota, Intesa Sanpaolo è intervenuta con una tranche a valere sul plafond Circular Economy di 5 miliardi di euro, previsto dal proprio piano di impresa, per consentire a gruppi industriali e aziende che adottano l’economia circolare quale paradigma per ridisegnare il sistema industriale, l’accesso al credito a condizioni migliorative.
E Salini? Lo scorso 2 agosto l’imprenditore ha potuto far nascere il suo nuovo polo delle costruzioni “Progetto Italia”, poi ridenominato Webuild, grazie al deal su Astaldifinita in concordato. E quale grande banca lo ha appoggiato, stante il ruolo centrale di Cdp? Intesa che è entrata in un finanziamento da 200 milioni assieme a Natixis. “Ai fini della realizzazione del Progetto Italia la società – spiegava Salini in una nota – ha sottoscritto, in data odierna, due accordi di investimento: il primo con l’azionista di controllo Salini Costruttori e con Cdp Equity, società controllata da Cassa depositi e prestiti, il secondo con tre delle principali istituzioni finanziarie italiane. Tali accordi di investimento regolano la partecipazione ai medesimi termini e condizioni, nell’operazione di investimento nel contesto dell’aumento di capitale, rispettivamente di Salini Costruttori e Cdp Equity e delle banche finanziatrici”.
Cattaneo, infine. A febbraio di 2 anni fa ha incassato quasi 100 milioni di euro netti vendendo le sue quote nell’operatore ferroviario privato Ntv “Italo” passato al fondo Gip di cui poi ha riacquistato un piccolo 1%. L’affarone fu orchestrato da Luca Cordero di Montezemolo, ma la grande banca finanziatrice fu guarda caso Intesa che nel 2018 vendette anch’essa a Gip e a fronte di un esborso da 60 milioni per entrare nel capitale nel 2008, dieci anni dopo segnò un incasso lordo dalla vendita della sua quota intorno ai 375 milini. “Di mestiere – disse allora Messina – non facciamo l’azionista di treni. Noi abbiamo la vocazione a fare banca e la partecipazione non è strategica. Alla miglior valorizzazione possibile si chiude”. La vocazione di Messina è anche quella di finanziare le persone giuste che al momento giusto dicano le parole giuste. Proprio come Marcegaglia, Salini e Cattaneo.