Tinaba, Arpe continua a perderci.
Ha sette anni di vita, sei di piena attività e alle spalle quasi 40 milioni di euro di perdite. Tinaba, l’app (acronimo di “This is not a bank”) lanciata nel 2016 da Sator, il fondo di private equity che fa capo a Matteo Arpe insieme alla sua Banca Profilo, che vuole porsi come nuova frontiera dei pagamenti digitali, continua a costare cara ai suoi azionisti, la stessa Sator e il veicolo lussemburghese Arepo Ti. Qualche settimana fa a Milano guidata dal presidente Maria Rita Scolaro s’è infatti tenuta l’assemblea dei soci che prendendo atto del bilancio 2021 chiuso con 5,3 milioni di perdita ha deciso di ripianarla integralmente mediante la riduzione della riserva di rivalutazione pari a 6,2 milioni la cui parte restante (908mila ero) è andata a parzialmente coprire le perdite pregresse di quasi 33 milioni. Non solo, perché nella successiva assemblea straordinaria, i soci hanno anche deliberato di rinunciare alla ricostituzione della stessa riserva di rivalutazione. I numeri del bilancio fin dall’inizio testimoniano la grande difficoltà del progetto. Fra il 2015 e il 2016, infatti, Tinaba ha perso 3,2 milioni, passivo più che raddoppiato a 7,7 milioni nel 2017 e che balzano a 9,2 milioni nell’anno successivo. L’ultimo triennio si apre con il 2019 in perdita per 6,4 milioni fino ai 6 milioni di rosso del successivo esercizio e al disavanzo dello scorso anno. Eppure ancora all’inizio di quest’anno Arpe prometteva entusiasta in un’intervista al giornalista altrettanto entusiasta di “Panorama” che il 2021 sarebbe stato l’anno in cui Tinaba avrebbe “messo il turbo” grazie al lancio di servizi di insuretech e cripctovalute. Forse Tinaba è l’acronimo di “This is not a bargain”…